Il futuro dei supermercati nel Metaverso è più vicino di quanto immagini

by Prof. Gabriele Pizzi e Virginia Vannucci

Sembra incredibile, ma i ricercatori e le imprese stanno studiando proprio in questo momento le applicazioni della realtà virtuale nella vendita al dettaglio, con una particolare attenzione per come il Metaverso potrebbe stravolgere questo settore. In questo articolo il Professor Gabriele Pizzi, professore associato di Marketing presso l’Università di Bologna, e la Ricercatrice Virginia Vannucci ci parleranno di tutto quello che c’è da sapere sul futuro del retail.

Buona lettura!

La realtà virtuale è una tecnologia che permette di ricostruire ambienti fisici e oggetti in ambienti digitali con un livello di realismo estremamente elevato. Per poter navigare ed esplorare gli oggetti in realtà virtuale è necessario indossare un visore e dei joystick che permettono di immedesimarsi nello spazio virtuale e interagire con esso come se fosse fisico e reale.

Date le potenzialità di questa tecnologia digitale e la sua versatilità di applicazione, nel corso degli ultimi anni l’interesse di imprese e ricerca scientifica nei confronti della realtà virtuale è fortemente aumentato. Si stima infatti che nel 2025 il mercato delle tecnologie connesse alla VR potrebbe raggiungere quasi 22 miliardi di dollari.

Da questo punto di vista, l’introduzione di Oculus Quest 2 da parte di Facebook ha dato un considerevole impulso al mercato negli ultimi due anni. Recentemente, Facebook ha mostrato chiaramente la propria intenzione a investire nel Metaverso che permette di effettuare in modo più “immersivo” delle azioni interagendo a distanza con gli altri, sfruttando le proprietà della VR.

Nonostante possa sembrare futuristico, il termine “Metaverse” è stato coniato nel 1992 da Neal Stephenson durante la scrittura del suo libro cyberpunk “Snow Crash”. Il termine descriveva già negli anni Novanta quello che oggi è il Metaverso: una riproduzione virtuale di contesti reali o immaginari tramite l’utilizzo di realtà aumentata e realtà virtuale condivisa tramite internet e dove si è presenti attraverso il proprio avatar.

Persone con un visore per il Metaverso
Foto di Beth Macdonald su Unsplash

Le aziende nel Metaverso

Le potenzialità del Metaverso non sono sfuggite alle aziende di vari settori che in tempi recenti hanno deciso di investire in questa tecnologia digitale. Il brand di lusso Gucci, ad esempio, ha collaborato con il provider Roblox per la creazione di un atelier virtuale, chiamato Gucci Garden ispirato al negozio fisico di Firenze. Seppur si sia trattato di un primo esperimento nel Metaverso per Gucci, il brand è riuscito a vendere una speciale borsa Dionysus di Gucci a 4.115 dollari, quando il suo prezzo retail è di circa 3.400.

Anche Disney si è mostrata interessata al Metaverso per arricchire le attività dei parchi divertimento offrendo nuove esperienze con l’obiettivo di creare “il Metaverso dei parchi di divertimenti”, in cui il mondo digitale si integra al mondo reale.

Se da un lato il Metaverso offre potenzialmente alle imprese la possibilità di ridefinire il concetto di esperienza d’acquisto e di interazione con il consumatore, dall’altro lato numerose incognite costellano ancora il percorso di adozione di massa degli strumenti immersivi della VR da parte di imprese e consumatori.

In primo luogo, infatti, è importante comprendere se e in quale misura l’esperienza d’acquisto in contesti riprodotti tramite la realtà virtuale si sovrapponga alle abitudini e alle preferenze dei consumatori. Grazie alla realtà virtuale, infatti, è possibile ricostruire con dettaglio gli ambienti e i prodotti fisici permettendo al consumatore di vivere un’esperienza di acquisto altamente realistica e in prima persona.

In questo modo, è possibile inferire logiche di comportamento e scelte di acquisto dei consumatori in un ambiente controllato e appositamente progettato. Un contesto particolarmente interessante per l’applicazione della realtà virtuale è quello retail dove è possibile ricostruire il punto vendita, il suo layout e i prodotti in esso presenti, consentendo al consumatore di vivere un’esperienza di acquisto assimilabile a quella reale nel punto vendita fisico.

Si evince quindi la potenzialità del Metaverso e della realtà virtuale quali strumenti in grado di agevolare la gestione del punto vendita e di superare alcune barriere che ad oggi frenano l’avanzata dell’e-commerce, quali la ridotta possibilità per il consumatore di interagire con i prodotti in assortimento e con il personale di vendita.

In secondo luogo, è opportuno chiarire se tali interazioni “virtuali” dei consumatori con le imprese in ambienti mediati dalla tecnologia della VR si traducano poi in percezioni “reali” che si vanno ad affiancare al più ampio insieme di associazioni mentali sviluppate da parte dei consumatori. 

La realtà virtuale, infatti, permette alle aziende di mostrare i propri prodotti in assortimento senza la necessità da parte del consumatore di doversi recare fisicamente nel punto vendita, riducendo lo sforzo in termini di tempo e di costi di spostamento necessari per acquisire informazioni, valutare le alternative e acquistare i prodotti. In questo modo si creano nuove ed innovative esperienze di consumo.

Al giorno d’oggi le principali imprese operano contemporaneamente su molteplici canali per interfacciarsi con i consumatori, secondo il modello che prende il nome di omnicanalità distributiva nella letteratura scientifica. 

Il fattore chiave di successo per una strategia omnicanale è la perfetta integrazione tra i canali che permetta ai consumatori di fare esperienza della marca senza soluzione di continuità. In questa prospettiva, dunque, è fondamentale che le percezioni sviluppate da parte dei consumatori nel canale virtuale si innestino coerentemente con gli altri canali utilizzati dall’impresa.

Non da ultimo, fornire un’adeguata risposta a questi due quesiti permette, infatti, di comprendere in ultima battuta se la VR possa configurarsi (anche) come un affidabile strumento di test di mercato oltre che come un ulteriore canale di vendita e comunicazione per le imprese.

Infatti, grazie alla realtà virtuale è possibile testare le caratteristiche del punto vendita fisico (ad esempio, la disposizione dei prodotti a scaffale, i materiali utilizzati nel layout, la presenza/assenza di musica di sottofondo, la presenza/assenza di servizi accessori, etc.) riducendo i tempi ed i costi necessari per intervenire concretamente sullo spazio fisico. 

Le simulazioni di modifiche del punto vendita reale realizzate in realtà virtuale si dimostrano quindi veloci e versatili superando i vincoli fisici legati allo spostamento di prodotti ed eludendo la necessità di mantenere strutture esistenti.

Gli studi su Metaverso e realtà virtuale

Un primo studio in merito alla comparabilità delle esperienze di acquisto tra punto vendita fisico e virtuale è stato pubblicato nel 2019 sulla rivista scientifica Computers in Human Behavior . In questo studio, i ricercatori hanno riprodotto tramite VR un’intera corsia (i.e. la pasticceria industriale) di un reale supermercato. 

Tutti e 95 i prodotti in vendita all’interno della categoria sono stati digitalizzati tramite appositi scanner 3D in maniera tale da poterli riprodurre nel punto vendita virtuale. Al fine di garantire il massimo livello di realismo dell’esperienza d’acquisto in VR, anche l’ambiente del punto vendita (scaffali, pavimentazione, illuminazione, spazi) è stato digitalizzato e accuratamente riprodotto. 

Nel periodo di conduzione dello studio, è stato quindi osservato il comportamento d’acquisto di un campione di consumatori all’interno della corsia della pasticceria industriale nel supermercato selezionato per l’implementazione del test; al tempo stesso, è stato reclutato un differente campione di consumatori ai quali è stato chiesto di simulare il proprio comportamento d’acquisto all’interno della medesima corsia riprodotta tramite VR. 

Nel supermercato, i ricercatori hanno osservato il tempo trascorso dai consumatori all’interno della corsia test e quanti (nonché quali) prodotti venivano messi all’interno del carrello. Nel contesto riprodotto in realtà virtuale, queste informazioni venivano automaticamente registrate. 

Terminata la fase di acquisto dei prodotti, sia nel supermercato sia in VR, i partecipanti venivano ringraziati e invitati a compilare un breve questionario somministrato da un membro del team di ricerca. 

Il questionario aveva l’obiettivo di misurare una serie di percezioni da parte dei partecipanti: soddisfazione complessiva, ampiezza percepita dell’assortimento, facilità di elaborazione visiva dello scaffale, rapidità nel reperimento dei prodotti desiderati, soddisfazione nei confronti della scelta effettuata. 

Il confronto dei dati rilevati nel punto vendita fisico e nel punto vendita riprodotto in VR rimarca l’elevato grado di realismo e sovrapposizione tra di essi. Infatti, il livello di assortimento percepito dai rispondenti non varia significativamente tra i due canali. 

La realtà virtuale, a tal fine, si dimostra uno strumento efficace per i distributori per stimare il livello di assortimento percepito dai clienti prima ancora di implementarlo nel punto vendita fisico. Anche la soddisfazione complessiva ha fatto registrare valori elevati e non significativamente differenti tra i due canali, così come la valutazione delle singole caratteristiche del punto vendita. 

È interessante sottolineare anche che il tempo trascorso all’interno della corsia, il numero di prodotti inseriti nel carrello e le percentuali di scelta dei singoli prodotti si sono dimostrati come fortemente sovrapponibili tra il contesto di acquisto reale e quello riprodotto tramite VR. Di conseguenza, la realtà virtuale si rivela essere un canale in grado di riprodurre fedelmente l’esperienza d’acquisto sul punto vendita fisico, confermandosi anche come un valido strumento di test.

Un secondo studio sulle percezioni dei brand nel punto vendita fisico e virtuale è stato pubblicato nel 2020 sulla rivista scientifica Journal of Business Research . In questo studio un campione di 200 rispondenti è stato esposto a video della durata di 40 secondi che riproduceva un’esperienza di acquisto in un punto vendita reale e un’esperienza di acquisto nello stesso supermercato, ma riprodotto in realtà virtuale. 

L’unica differenza tra i due scenari analizzati era che nell’ambiente riprodotto in realtà virtuale alcuni cartellini virtuali apparivano sui prodotti appositamente evidenziati per il cliente, mentre nel negozio fisico questa funzionalità non era disponibile e venivano visualizzate solo le etichette stampate sugli scaffali. 

Ai partecipanti allo studio è stato chiesto di prestare attenzione al video a cui erano esposti e di immaginare di essere la persona impegnata nell’esperienza di acquisto. 

Dopo la visione del video, ai partecipanti è stato chiesto di completare un questionario volto a misurare il senso di presenza percepito nel punto vendita, valutazione dell’esperienza di acquisto, la quantità di marche viste dai partecipanti nel video e richiamate alla mente, percezione del valore del punto vendita, volontà di tornare nel punto vendita e di diffondere un passaparola positivo.

I dati raccolti hanno dimostrato come i partecipanti allo studio esposti a un ambiente di acquisto virtuale percepiscono livelli più elevati di presenza rispetto a quelli esposti a un ambiente di vendita fisico. 

A sua volta, la maggiore percezione di presenza nell’ambiente virtuale determina anche percezioni più positive per l’esperienza di acquisto che favoriscono un cambiamento positivo nella percezione del valore del punto vendita, che in ultima analisi porta a intenzioni di acquisto più elevate e a un maggior passaparola

Nonostante lo studio abbia rivelato una tendenza da parte dei partecipanti a trattenere in memoria un numero inferiore di marche alle quali sono stati esposti (cecità inattenzionale), i risultati dimostrano che il trasferimento di valore positivo alla marca avviene anche quando non viene ricordato il nome del punto vendita, suggerendo quindi un’assimilazione anche a livello subliminale del valore della marca in contesti d’acquisto in realtà virtuale.

Conclusioni

I risultati degli studi scientifici condotti dimostrano come la realtà virtuale si caratterizzi per essere una tecnologia in grado di supportare le aziende ed agevolarle nell’offrire nuovi canali di vendita altamente realistici. 

Infatti, l’assenza di differenze significative tra le vendite nel canale fisico reale e quello virtuale evidenzia come la realtà virtuale sia in grado di ricostruire in maniera attendibile e realistica il negozio, così da diventare un valido canale alternativo di vendita. 

 Inoltre, la forte sensazione di presenza che viene riscontrata nel punto vendita ricostruito tramite realtà virtuale aumenta la soddisfazione del cliente e la sua volontà di tornare nuovamente nel negozio virtuale.

Di grande valore per i retailer è la possibilità di sperimentare nel canale virtuale diversi tipi di layout espositivi, consentendo di identificare facilmente la configurazione che massimizza la chiarezza espositiva dello scaffale che a sua volta prolunga la durata della visita del cliente nel punto vendita, aumentando le possibilità di acquisti di impulso.

La facilità di cambiare i layout espositivi si unisce alla possibilità di poter inserire promozioni istantanee e dinamiche, nonché personalizzate, che possono ulteriormente aumentare la soddisfazione del cliente e i suoi acquisti.

Ciò che ad oggi ancora manca negli ambienti realizzati tramite realtà virtuale è la presenza di altre persone e del personale di vendita che affianca ed aiuta il consumatore nella sua esperienza di acquisto. 

Si tratta quindi di portare anche nel mondo retail quello che è il Metaverso, ovvero la ricostruzione non solo degli spazi, dei prodotti e dei brand, ma anche la presenza sociale di altri avatar che si muovono ed acquistano come nei negozi fisici reali.

Prof. Gabriele Pizzi e Virginia Vannucci

Ti ci vedi a fare la spesa attraverso un visore, all’interno del Metaverso?  O sei uno di quelli che proprio non può rinunciare a sfrecciare col carrello tra le corsie?

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The future of supermarkets in the Metaverse is closer than you imagine

It seems unbelievable, but researchers and companies are studying the applications of virtual reality in retail right now, with a particular focus on how the Metaverse could disrupt this sector. In this article, Professor Gabriele Pizzi, Associate Professor of Marketing at the University of Bologna, and RTDa Virginia Vannucci talks about everything there is to know about the future of retail.

Enjoy reading!

Virtual reality is a technology that allows physical environments and objects to be reconstructed in digital environments with an extremely high level of realism. To be able to navigate and explore objects in virtual reality, it is necessary to wear a visor and joysticks that allow one to identify with the virtual space and interact with it as if it were physical and real.

Given the potential of this digital technology and its versatility of application, the interest of companies and scientific research in virtual reality has strongly increased in recent years. In fact, it is estimated that by 2025 the market for VR-related technologies could reach almost 22 billion dollars.

In this respect, Facebook’s introduction of Oculus Quest 2 has given the market a considerable boost over the past two years. Recently, Facebook clearly showed its intention to invest in the Metaverse, which allows for more ‘immersive’ actions by interacting remotely with others, exploiting the properties of VR.

Although it may sound futuristic, the term ‘Metaverse’ was coined in 1992 by Neal Stephenson while writing his cyberpunk book ‘Snow Crash’. The term described back in the 1990s what the Metaverse is today: a virtual reproduction of real or imaginary contexts through the use of augmented reality and virtual reality shared via the Internet and where one is present through one’s avatar.

Companies in the Metaverse

The potential of the Metaverse has not escaped the notice of companies in various sectors that have recently decided to invest in this digital technology. The luxury brand Gucci, for example, collaborated with the provider Roblox to create a virtual atelier, called Gucci Garden, inspired by the physical shop in Florence. Although this was a first experiment in the Metaverse for Gucci, the brand managed to sell a special Gucci Dionysus bag for $4,115, when its retail price is around $3,400.

Disney has also shown interest in the Metaverse to enrich amusement park activities by offering new experiences with the aim of creating ‘the Amusement Park Metaverse’, in which the digital world integrates with the real world.

While the Metaverse potentially offers businesses the opportunity to redefine the concept of shopping experience and consumer interaction, numerous unknowns still dot the path to mass adoption of immersive VR tools by businesses and consumers.

Firstly, it is important to understand whether and to what extent the shopping experience in contexts reproduced through virtual reality overlaps with consumer habits and preferences. Thanks to virtual reality, in fact, it is possible to reconstruct physical environments and products in detail, allowing the consumer to live a highly realistic, first-person shopping experience.

In this way, it is possible to infer consumers’ behavioural logic and purchasing choices in a controlled and specially designed environment. A particularly interesting context for the application of virtual reality is the retail sector where it is possible to reconstruct the point of sale, its layout and the products in it, enabling the consumer to live a shopping experience similar to the real one in the physical point of sale.

The potential of virtual reality as a tool to facilitate shop management and to overcome some of the barriers that currently hinder the advancement of e-commerce, such as the reduced possibility for the consumer to interact with the products in the assortment and with the sales staff, is thus evident.

Secondly, it is appropriate to clarify whether such ‘virtual’ consumer interactions with businesses in environments mediated by VR technology then translate into ‘real’ perceptions that complement the broader set of mental associations developed by consumers.

Virtual reality, in fact, allows companies to display their products in assortments without the need for consumers to physically go to the point of sale, reducing the effort in terms of time and travel costs required to acquire information, evaluate alternatives, and purchase products. This creates new and innovative consumer experiences.

Nowadays, major companies operate simultaneously on multiple channels to interface with consumers, according to the model named distribution omnichannelality in the literature.

The key success factor for an omnichannel strategy is the seamless integration between channels that allows consumers to experience the brand seamlessly. In this perspective, therefore, it is crucial that the perceptions developed by consumers in the virtual channel are coherently integrated with the other channels used by the company.

Last but not least, providing an adequate answer to these two questions ultimately allows us to understand whether VR can be configured (also) as a reliable market testing tool as well as an additional sales and communication channel for companies.

In fact, thanks to virtual reality it is possible to test the characteristics of the physical point of sale (e.g. the arrangement of the products on the shelf, the materials used in the layout, the presence/absence of background music, the presence/absence of accessory services, etc.) reducing the time and costs necessary to concretely intervene on the physical space.

Simulations of real shop modifications realised in virtual reality thus prove to be fast and versatile, overcoming the physical constraints of moving products and avoiding the need to maintain existing structures.

The studies about Metaverse

A first study on the comparability of shopping experiences between physical and virtual shops was published in 2019 in the scientific journal Computers in Human Behavior . In this study, researchers reproduced via VR an entire aisle (i.e. the industrial bakery) of a real supermarket.

All 95 products on sale within the category were digitised by means of special 3D scanners in such a way that they could be reproduced in the virtual shop. In order to ensure the highest level of realism of the shopping experience in VR, the shop environment (shelves, flooring, lighting, spaces) was also digitised and accurately reproduced.

During the conduct of the study, the shopping behaviour of a sample of consumers within the industrial bakery aisle in the supermarket selected for the implementation of the test was observed; at the same time, a different sample of consumers was recruited and asked to simulate their shopping behaviour within the same aisle reproduced via VR.

In the supermarket, the researchers observed the time spent by consumers within the test lane and how many (as well as which) products were placed in the shopping cart. In the context reproduced in virtual reality, this information was automatically recorded.

At the end of the purchasing phase of the products, both in the supermarket and in VR, the participants were thanked and asked to complete a short questionnaire administered by a member of the research team.

The questionnaire was intended to measure a number of perceptions on the part of the participants: overall satisfaction, perceived breadth of the assortment, ease of visual processing of the shelf, speed in finding the desired products, satisfaction with the choice made.

The comparison of the data collected in the physical shop and in the shop reproduced in VR highlights the high degree of realism and overlap between them. In fact, the level of assortment perceived by the respondents does not vary significantly between the two channels.

Virtual reality, in this respect, proves to be an effective tool for retailers to estimate the level of assortment perceived by customers before even implementing it in the physical shop. Overall satisfaction was also high and not significantly different between the two channels, as was the evaluation of individual shop features.

It is also interesting to point out that the time spent in the aisle, the number of products placed in the shopping cart and the selection percentages of individual products proved to be strongly overlapping between the real shopping context and the one reproduced via VR. Consequently, virtual reality proves to be a channel that can faithfully reproduce the shopping experience at the physical point of sale, also confirming itself as a valid testing tool.

A second study on brand perceptions at the physical and virtual point of sale was published in the Journal of Business Research in 2020. In this study, a sample of 200 respondents was exposed to a 40-second video that reproduced a shopping experience in a real shop and a shopping experience in the same supermarket, but reproduced in virtual reality.

The only difference between the two scenarios analysed was that in the environment reproduced in virtual reality some virtual tags appeared on the products specially highlighted for the customer, whereas in the physical shop this functionality was not available and only the labels printed on the shelves were displayed.

Participants in the study were asked to pay attention to the video they were exposed to and imagine that they were the person engaged in the shopping experience.

After watching the video, the participants were asked to complete a questionnaire designed to measure their perceived sense of presence in the shop, evaluation of the shopping experience, the amount of brands seen by the participants in the video and recalled to mind, perception of the value of the shop, willingness to return to the shop, and positive word of mouth.

The data collected showed how study participants exposed to a virtual shopping environment perceived higher levels of presence than those exposed to a physical sales environment.

In turn, the increased perception of presence in the virtual environment also leads to more positive perceptions of the shopping experience that foster a positive change in the perception of the value of the shop, which ultimately leads to higher purchase intentions and more word of mouth

Although the study revealed a tendency on the part of participants to retain in their memory fewer brands to which they were exposed (inattentional blindness), the results demonstrate that positive brand value transfer occurs even when the shop name is not remembered, thus suggesting a subliminal assimilation of brand value in virtual reality shopping contexts.

Conclusions

The results of scientific studies show how virtual reality is characterised as a technology that can support companies and facilitate them in offering new, highly realistic sales channels.

In fact, the absence of significant differences between sales in the real physical channel and the virtual channel shows how virtual reality is able to reliably and realistically reconstruct the shop, thus becoming a valid alternative sales channel.

In addition, the strong feeling of presence that is experienced in the shop reconstructed through virtual reality increases customer satisfaction and their willingness to return to the virtual shop again.

Of great value to retailers is the ability to experiment with different types of display layouts in the virtual channel, allowing them to easily identify the configuration that maximises shelf clarity, which in turn prolongs the customer’s visit to the shop, increasing the chances of impulse purchases.

The ease of changing display layouts is combined with the possibility of being able to insert instant and dynamic promotions, as well as personalised promotions, which can further increase customer satisfaction and purchases.

What is still missing in virtual reality environments to date is the presence of other people and sales personnel to accompany and assist the consumer in their shopping experience.

It is therefore a matter of bringing the Metaverse to the retail world as well, i.e. the reconstruction not only of spaces, products and brands, but also the social presence of other avatars who move and buy as in real physical shops.

Prof. Gabriele Pizzi and Virginia Vannucci

Can you see yourself shopping through a visor? Or are you one of those who just can’t give up darting your trolley through the aisles?

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